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09/04/2020
Morire per rinascere: la morte iniziatica

28/03/2020
Il proprio sogno è un dono che possiamo fare agli altri
Vi ho già parlato dell’importanza di vivere i propri sogni e oggi voglio parlarvi del mio. Ho già raccontato molte volte (potete leggerlo anche in qualche intervista sul mio sito www.anjazobin.com) che il mio amore per la scrittura è nato quando avevo all’incirca otto anni e ho visto in tv un episodio de La signora in giallo. Quella trama fatta di omicidi, mistero, presunte colpevolezze e sorpresa finale mi era piaciuta talmente tanto, che lo stesso giorno avevo deciso di scrivere anch’io un giallo. Scrissi metà pagina di un block notes A5 e mi resi conto che non doveva essere per niente facile scriverne uno: bisognava creare un quadro, tagliarlo a pezzetti come un puzzle, mischiare tutte le tessere e poi metterle in un ordine preciso affinché tutto avesse senso e portasse il lettore a ricreare il quadro d’inizio. Non è per niente facile farlo da adulti, figuriamoci a otto anni. E così me ne dimenticai per molto tempo. Ogni tanto scrivevo qualche storiella misteriosa, ma era un passatempo a cui non davo troppa importanza.
Quando cominciai a frequentare l’università, il primo anno a Giurisprudenza, mi ritrovai alquanto confusa sul da farsi. Da un lato non mi dispiaceva la facoltà, ma al tempo stesso non era qualcosa che mi riempiva di gioia; sentivo infatti l’attrazione verso una materia che aveva sempre suscitato in me grandi emozioni: l’archeologia. L’archeologia rappresentava quel mix di cose che io adoravo: storia e mistero. La terra infatti, come il mare, è per me custode di immense ricchezze. Così l’anno successivo mi iscrissi ad archeologia a Trieste. Ne sarò sempre felice, perché oltre alle materie da me amate, lì ho incontrato delle persone speciali e importanti per il mio cammino.
C’erano però anche altri argomenti che mi affascinavano: esoterismo, medianità, magia…e ancora la scrittura. L’anno prima, mentre frequentavo giurisprudenza e non mi sentivo nel posto giusto, durante le lezioni mi ritrovavo spesso a scrivere. Lo facevo per me. Creavo storie perché mi piaceva farlo, perché mi venivano naturali, perché in quei racconti potevo rivivere la storia e il mistero che tanto mi affascinavano. Evidentemente avevo un dono che stava cercando di fare breccia nella mia vita, una vita che però io tentavo di vivere nel modo classico: scuola, università, laurea, lavoro. Ma la vita aveva altri piani per me, perché sempre più si insinuava in me il desiderio di scrivere, di raccontare qualcosa.
All’inizio però non capivo, stavo semplicemente seguendo un hobby forse, oppure mi annoiavo e preferivo fuggire in un mondo di fantasia; gli scritti infatti erano solo miei, non li facevo leggere a nessun altro, erano storie che in qualche modo raccontavo a me stessa per passare il tempo, per evadere. Forse avevo un dono, qualcosa che sarebbe stato bello trasmettere agli altri, ma ero timida e l’idea che le persone leggessero cose da me scritte, mi imbarazzava. Con il tempo poi mi venne l’idea di lanciarmi nell’impresa più difficile: scrivere un romanzo…per me. Insomma le mie passioni continuavano a parlarmi: nonostante l’archeologia mi piacesse infatti, c’era questa musica di sottofondo che continuava a parlarmi di scrittura. Ma evidentemente io non ero pronta ad ascoltarla, nemmeno nel momento in cui mi era arrivata l’dea del romanzo. Niente, imperterrita continuavo a scrivere solo per me.
Ma poi arrivò un giorno. Un giorno che non dimenticherò mai, perché sono stati pochi attimi ma nei quali avrei capito il vero messaggio di questa passione. Nei giorni precedenti avevo comprato un romanzo che dalla quarta di copertina sembrava molto intrigante, ma una volta cominciato a leggerlo, veniva presentato subito l’assassino. Io non metto in dubbio che la storia potesse essere bella e intrigante lo stesso, ma a me toglieva quella suspance, quel mistero e quel gioco soprattutto che è indagare per scoprire il colpevole. Così un giorno mentre facevo la spesa, mi tornò in mente quel libro e pensai “io lo avrei fatto così così e così, sarebbe stato molto più intrigante” e lì qualcosa mi colpì nel profondo: e se anche qualcun altro fosse rimasto deluso da quella storia come me? Avrebbe forse preferito il mio sviluppo della narrazione? Quello è stato il momento in cui dentro di me, nel mio profondo, ho capito che avrei dovuto condividere con gli altri ciò che mi veniva così spontaneo…il mio dono. Avrei potuto continuare a scrivere solo per me, ma che senso avrebbe avuto? Mi immaginavo questi romanzi scritti e chiusi in un cassetto a prender polvere. Aveva senso? No. Stavo imparando a capire che quella vocina insistente che viveva dentro di me e che mi spingeva a scrivere per passione, era tutt’altro che una sciocchezza. Era la mia Anima che mi parlava e lo stava facendo da tempo. Io però non l’avevo compresa fino a quel momento, in cui ero diventata pronta per comprenderla davvero.
Avevo un dono, era giusto tenerlo per me? Spesso ho sentito artisti come ad esempio pittori affermare che una volta conclusa l’opera, un quadro ad esempio, quel quadro non appartiene più all’artista ma alle persone. Sono d’accordo: se è vero che da un lato scrivo per me, che lo faccio perché amo farlo, perché amo creare storie, perché mi sento viva mentre scrivo, dall’altro tutto ciò non avrebbe alcun senso se poi non lo condividessi con gli altri. Sarebbe come cucinare una torta perché mi piace farlo, ma poi lasciarla lì senza che nessuno la mangiasse. Che senso avrebbe? Per questo motivo è importante che ognuno di noi accetti il proprio dono, che cominci a credere in esso, qualunque esso sia, perché tutti ne abbiamo almeno uno; ed è altrettanto giusto poi condividerlo con gli altri.
Nella mia esperienza posso dire che se è vero che amo scrivere, che è qualcosa che mi riempie il cuore, è ancora più vero che coloro che hanno davvero riempito il mio cuore siete stati tutti voi che dopo aver letto i miei libri, mi avete raccontato cosa vi hanno donato. Ed è stata una vera sorpresa per me scoprire che ne avete ricevuto molto più di quello che pensavo di aver dato. Ed è stato questo il dono che voi avete fatto a me. Quindi alla fine quando metti a disposizione degli altri il tuo dono, non sei consapevole di quanto è grande quello che dai e soprattutto non hai idea di quanto sarà grande ciò che riceverai in cambio.
Si chiama dono perché ci viene donato, ma allo stesso tempo è un dono che anche noi possiamo fare agli altri. Allora crediamoci e facciamolo, perché la vera ricchezza non è il denaro che possiamo donare agli altri, la vera ricchezza siamo noi stessi.
18/03/2020
Animali: gli angeli senza ali
07/03/2020
La fiducia in noi stessi e nei nostri sogni

27/02/2020
La crisi: momento di preziosa trasformazione

16/02/2020
L’eterna competizione – il bisogno di primeggiare sugli altri

08/02/2020
L’unicità: il dono che portiamo al mondo
È nella nostra unicità che risiede la chiave della nostra felicità.
Sicuramente avrete già sentito della parabola del leone che si credeva una pecora. Il leone, appena nato, si ritrovò a far parte di un gregge di pecore e venne cresciuto da loro, così anche da adulto si ritrovò a credersi una pecora. Mangiava come una pecora, ragionava come una pecora, stava in gruppo come le pecore. Ma un giorno passò di lì un vecchio leone che non poteva credere ai suoi occhi. Decise allora di capire meglio cosa stesse succedendo e si accorse che il leone giovane non aveva idea di chi fosse veramente, si credeva in tutto e per tutto una pecora. Allora il vecchio leone lo portò a uno specchio d’acqua e gli disse: “Guarda il riflesso del mio volto nell’acqua e guarda il tuo.” A quel punto il giovane leone, specchiandosi, si accorse di essere un leone e un ruggito e un’energia mai provata prima scaturirono da lui.
Il leone si era guardato allo specchio e per la prima volta aveva riconosciuto se stesso.
Veniamo al mondo con dei talenti, delle predisposizioni, una personalità e qualche sogno nel cassetto e tutto ciò fa di noi delle persone uniche. Certo possiamo assomigliare ad altri, ma non saremo mai identici. Con il tempo però veniamo in contatto con altre persone, che siano genitori, parenti, amici, fidanzati, colleghi ecc., e mano a mano quello che assume sempre maggiore rilevanza per ciascuno, è il voler esser accettati.
Così in modi sottili e inconsapevoli cominciamo a reprimere la nostra unicità per conformarci agli altri, indossiamo la maschera per diventare coloro che gli altri vogliono che noi siamo, perché abbiamo paura che se mostreremo chi siamo davvero, non verremo accettati ed amati.
La società in generale condanna l’unicità dell’individuo in favore di caratteristiche comuni, ci suggerisce di non pretendere troppo da noi stessi, dell’accontentarci di essere tutti uguali anzi ci sprona in tal senso (naturalmente non uguali nei diritti ma in ciò che ci rende facilmente plasmabili e controllabili). Lo si vede fin dalla tenera età: non essere tra coloro che bevono alcol e fumano già alle superiori, se non addirittura prima oggigiorno, ti rende un escluso che viene spesso totalmente ignorato o viceversa bullizzato.
Così dunque cominciamo a perdere la nostra unicità in favore di una conformazione comunemente accettata, nascondiamo ciò che siamo, cominciamo a recitare una parte, minimizziamo le nostre capacità, i nostri talenti per paura di dimostrarci diversi, a volte anche troppo bravi, troppo potenti. Temiamo che se gli altri si sentiranno inferiori, non vorranno più starci accanto e sceglieranno chi è come loro. La diversità non è ben vista; lo dimostra anche la fiaba de Il brutto anatroccolo, dove chi è diverso viene deriso, allontanato dal gruppo, ma che infine restando se stesso sboccia diventando un bellissimo cigno. Il messaggio che ci manda Hans Christian Andersen è chiaro.
La nostra unicità è come un fuoco sacro che arde nella profondità del nostro Essere e più lo copriamo con menzogne che ci raccontiamo da soli, più tenderà a diventare fioco e forse a estinguersi. Probabilmente in realtà il fuoco sacro della nostra anima non si estingue mai, forse resta sempre un barlume di esso, una piccola fiamma che sogna di ricevere un po’ di ossigeno per riprendere a bruciare e per prendersi il posto che le spetta. Per questo penso che fino al nostro trapasso, anche se non siamo mai stati consapevoli di quante maschere abbiamo indossato e di quante menzogne ci siamo detti, quel fuoco continua a persistere e anche se tentiamo di convincerci che è ormai troppo tardi, che siamo troppo vecchi, non credo sia così. Penso anzi che ogni attimo della nostra vita meriti di venir vissuto, fino all’ultimo, perché fino all’ultimo respiro noi abbiamo la facoltà di scegliere cosa fare e abbiamo la facoltà di fare qualcosa o addirittura il dovere verso noi stessi di farlo; altrimenti la nostra vita si sarebbe conclusa prima.
La nostra unicità è ciò che siamo, che ci contraddistingue dagli altri ed è esattamente ciò che siamo venuti a donare al mondo. Il mondo non ha bisogno di miliardi di persone tutte uguali, ha bisogno di varietà. Non esistono forse miliardi di specie animali sulla terra? E miliardi di specie di vegetali, minerali? Ognuno di essi dona la propria unicità, una particolarità e non si conforma per diventare uguale agli altri. No, vive per essere ciò che è, per portare se stesso al mondo. Perché dunque noi, esseri tanto evoluti (anche se a volte ho qualche dubbio in merito) facciamo di tutto per perdere la nostra unicità e conformarci agli altri? Perché non ci guardiamo allo specchio e riconosciamo a noi stessi chi siamo davvero, quali sono i nostri pregi e i nostri difetti, i nostri talenti e quali sono davvero i nostri sogni e non li perseguiamo per raggiungere la vita che desideriamo?
Allora smettiamola di voler assomigliare agli altri, troviamo il nostro stile, le nostre parole, il nostro carattere, esprimiamo il nostro talento, la nostra voce, viviamo seguendo la nostra natura. E chi se ne importa se gli altri ci giudicheranno! Non lo fanno forse lo stesso? Non lo facciamo forse comunque? Giudichiamo sempre e comunque tutti, sia chi è diverso, sia chi ci assomiglia, quindi non è meglio venir giudicati e criticati ma seguendo la nostra verità, piuttosto che quella di qualcun altro? Ha successo chi ha il coraggio di essere se stesso, dobbiamo differenziarci gli uni dagli altri. Se i cantanti ad esempio cantassero tutti con la stessa voce e nello stesso identico modo, che bisogno ci sarebbe di averne tanti? Ne basterebbe uno. Per questo dobbiamo essere unici, perché se lo saremo troveremo il nostro posto nel mondo, saremo un leone in mezzo alle pecore; altrimenti saremo solo un’altra pecora tra tante. Ma in fondo nessuno di noi vuole essere una pecora tra tante. Dentro di noi qualcosa ci chiama e ci spinge a portare a galla qualcosa che ci rappresenti davvero. Allora permettiamoci di farlo, facciamoci questo dono. Amiamoci a tal punto da permetterci di essere chi siamo veramente. È un atto di enorme amore verso noi stessi e noi lo meritiamo davvero.
La nostra bellezza nasce dalla nostra unicità, dalla nostra diversità, non da quello in cui assomigliamo agli altri. Se ognuno di noi è unico e lo dimostra, allora il mondo si colora di infinite sfumature; in caso contrario il grigio copre tutto. Ma noi vogliamo essere grigi o dipingerci con l’arcobaleno?
Essere artefici del proprio destino
Nell’articolo sulla consapevolezza (vedi articolo) abbiamo detto che essere inconsapevoli equivale a ritrovarsi a vivere in balia degli eventi, mentre essere consapevoli significa risvegliarsi e ritrovarsi in mano gli strumenti del cambiamento. Potremmo dire che è come avere in mano i pennelli e la tavolozza dei colori e poter trasformare la tela bianca in un quadro colorato e bello. Il punto chiave è il fatto di avere quegli strumenti in mano e questo significa che la consapevolezza ci fa riscoprire la nostra responsabilità nella vita. I pennelli non si intingeranno da soli nei colori e non dipingeranno immagini sulla tela, è nostra responsabilità muoverli per creare qualcosa.
Sapere di avere la responsabilità di chi siamo e di ciò che facciamo, sapere di essere responsabili di noi stessi e del nostro destino, è qualcosa che dovrebbe farci sentire potenti, perché vuol dire che non siamo in balia delle situazioni, ma abbiamo il potere di cambiare ciò che non ci piace. Il potere ci fa sentire parte attiva, l’artefice del nostro destino. Eppure è proprio questo che spesso ci spaventa, perché avere questa responsabilità ci obbliga a trasformare la nostra vita, quando invece spesso preferiamo solo crogiolarci nel vittimismo e passare le serate in amicizia a lamentarci del nostro lavoro e della nostra vita in generale. Questo lo facciamo soprattutto perché vogliamo sentirci capiti. Vogliamo qualcuno che ci compatisca e che ci dia le attenzioni che desideriamo. E così per quel poco tempo ci sentiamo capiti e coccolati e se il nostro interlocutore si sfoga a sua volta, ci sentiamo meno soli, perché condividiamo gli stessi problemi. Ma una volta tornati a casa, torniamo alla vita di sempre. Una vita che non ci soddisfa e che speriamo migliori.
Uscire da questa comfort zone non è facile: si chiama zona di comfort per un motivo, perché lì da un certo punto di vista ci sentiamo bene, o meglio è quello che ci raccontiamo, perché in realtà siamo infelici. Il punto è che se vogliamo essere felici, dovremo necessariamente uscire da lì, prendere tutto il nostro coraggio e buttarci in una nuova avventura. Perché essere artefici della propria vita significa proprio questo: avere il coraggio di vivere una vita diversa, diversa da quella fatta finora, diversa da quella di tutti gli altri, perché ognuno di noi è diverso. Dobbiamo quindi trovare la nostra unicità e portarla avanti perché la nostra unicità è il dono che ci permetterà di trasformare la vita in quella che abbiamo sempre desiderato.
Vogliamo vivere o vogliamo sopravvivere? Sopravvivere significa semplicemente accettare tristemente il luogo, le condizioni in cui siamo nati, accontentarci del lavoro che abbiamo avuto la fortuna di trovare magari tra tanti tentativi, ma sempre con la certezza in fondo al cuore che quella non è la vita che sognavamo da piccoli, che quello non era il nostro sogno. Così ci diciamo vabbè ma quelli erano i sogni di un bambino, l’adulto non può permettersi di sognare, deve adeguarsi alla società, a quello che riesce a raccattare e deve cercare di sopravvivere con quel poco che gli resta tra bollette e tasse. Oppure può riconoscere la sua responsabilità delle scelte fatte, che se ne avesse fatte delle altre forse le cose sarebbero andate diversamente; ma anche che non è mai troppo tardi per cambiare e che se guarda bene, quel bambino con i suoi sogni è ancora dentro di lui, non se ne è mai andato, perché spera ancora che l’adulto che è diventato ora, ritrovi un po’ di quella capacità di sognare e di guardare la vita come se fosse un dono anziché una punizione. E se la vita fosse solo un gigantesco gioco, se il suo scopo fosse solo farci crescere e trasformarci soprattutto interiormente? Se fosse un continuo sperimentare e vedere cosa succede, come trovare sempre nuovi piccoli obiettivi da raggiungere e vedere che ce la possiamo fare? E poi naturalmente trovare il nostro scopo nella vita?
Essere responsabili delle proprie azioni dunque può spaventare ma in realtà è stupendo, perché ci mette automaticamente al timone della nostra vita. Ogni azione presuppone un risultato. Se il risultato non mi piace allora devo fare un’azione diversa. Si tratta di scegliere la propria vita giorno per giorno, è la libertà di essere se stessi e di comunicarlo al mondo. Significa dire io sono così e questa è la vita che sto creando. E non smetteremo mai né di imparare né di creare, perché nella vita non si arriva mai, altrimenti che sprone avremmo per andare avanti? Se non potessimo continuamente migliorarla, perché vivere?
Nessuno dice sia semplice né così immediato ma ciò non significa che non si possa fare. Rende solo il tutto più articolato. Se in un click ci arrivasse tutto quello che chiediamo, dove sarebbe il divertimento? Ci annoieremmo a brevissimo e il mondo crollerebbe sotto il peso di tutti i desideri egoistici. Abbiamo bisogno di sfide…di sfidare ogni giorno noi stessi per crescere, per renderci ogni giorno persone migliori e giorno dopo giorno dimostrare con il nostro impegno sia a noi stessi che all’universo che noi vogliamo davvero quel risultato. Dobbiamo armarci “solo” di buona volontà e di pazienza, perché nessuna impresa è mai stata creata in un attimo. Ci vuole una dedizione costante, una dedizione che dura tutta una vita, ma se decidiamo di prenderci quella responsabilità, le soddisfazioni possono essere molte durante il cammino. Come si dice, “Roma non è stata creata in un giorno”, ma alla fine, ricordate, è diventata un Impero.
20/01/2020
Sei tu il cambiamento che vuoi vedere nel mondo
“Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo” diceva Mahatma Gandhi.
Siamo in molti oggi a volere un cambiamento. E non a torto…guardiamo il mondo e vediamo guerre, fuoco che distrugge habitat meravigliosi e animali, persone che muoiono di fame, di malattie facilmente curabili e non, e pensiamo che bisogna cambiare il mondo, che così non va bene. La società non va bene, il clima non va bene, la fame non va bene… Questo però è sempre un pensiero volto a cambiare qualcosa che è al di fuori di noi e spesso troppo grande per noi; e proprio perché ci sembra troppo grande, pensiamo automaticamente che sia qualcun altro a doverlo fare. Qualcuno con più mezzi come la società, il governo, la nazione ecc. Che cosa possiamo mai fare noi di fronte a una cosa così grande? E così spesso ce ne laviamo un po’ le mani, sperando che se ne occupi qualcun altro.
Ricordiamoci però che Gandhi diceva “sii TU il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”. Perché? Chi ha creato i problemi climatici? Chi crea continuamente le guerre? L’odio? La separazione? Chi crea tutto questo? Lo crea il mondo? Lo crea Dio? No. Siamo noi a crearlo. Noi creiamo il mondo e quindi creiamo le cose belle e le cose brutte. Certo voi mi direte non sono stato io a creare la guerra e lo capisco. Nemmeno io l’ho creata direttamente. Ciò che voglio dire è che però siamo tutti in qualche modo responsabili, tutta l’umanità, perché è l’uomo che crea ciò che c’è. Siamo sinceri, nella nostra vita di tutti i giorni ci dedichiamo solo ad amare il prossimo? Ad aiutarlo? A mandare pensieri felici e gentili verso gli altri? O siamo impegnati in una continua lotta a detestare il nostro vicino che ci rompe le scatole, il nostro collega al lavoro che non sopportiamo, il nostro fidanzato o la nostra fidanzata che non si comporta mai come vorremmo. Il nostro piccolo mondo in fondo è un po’ uno specchio del mondo in senso ampio.
Siamo stati educati a separare anziché a unire. Il nostro è un pianeta “unico, unito”, la Terra nasce così com’è, eppure fin dall’antichità per l’uomo è stato fondamentale solo dividerlo in sezioni che fossero continenti, stati, regioni, città fino ad arrivare alle particelle di terreno…separare, separare, separare…e tutto questo per poter dire questo è solo mio, quello è solo tuo…io sto qui e tu stai lì a debita distanza. A che cosa hanno portato però da sempre queste divisioni? Naturalmente hanno dato vita a odio e guerre nate per accaparrarsi la terra del nostro vicino, perché vogliamo di più e sempre di più, non ci basta mai e dobbiamo pur riempire il nostro ego in qualche modo.
D’altro canto ci dicono che è l’unione che fa la forza. Allora perché tutte queste divisioni? Perché così possiamo continuare a puntare il dito sugli altri e dare la colpa a loro, togliendoci di dosso la responsabilità. Ma noi siamo tutti collegati tra noi…pensateci…ciò che facciamo non influenza forse chi ci sta attorno in un modo o nell’altro? La risposta è sì. Pensiamo a tutte le invenzioni fatte da un solo uomo che però hanno rivoluzionato il mondo…la stampa, la lampadina, il telefono, internet ecc.
Ed è da questo pensiero che dobbiamo partire se vogliamo davvero cambiare il mondo. Dobbiamo smetterla di guardare solo al di fuori di noi, accusare gli altri e aspettare che siano loro a fare qualcosa. Dove risiede il nostro potere? Solamente in noi e in ciò che noi possiamo fare! Allora concentriamoci su questo, sulla parte più difficile e impegnativa e che spesso con tutte le nostre forze vogliamo evitare: iniziamo col cambiare noi stessi! Non diciamo più “mondo devi cambiare”, diciamo “io cambio me stesso e so che questo si rifletterà sul mondo”. C’è un bellissimo film di diversi anni fa, Un sogno per domani, tratto dal libro La formula del cuore di Catherine Ryan Hyde, che porta un messaggio stupendo. Nel film, un ragazzino intuisce un modo per cambiare in meglio il mondo e comincia a compiere delle buone azioni, chiedendo però a chi le riceve di compiere a sua volta un importante favore a tre persone differenti. Capite? È così che cambiamo il mondo…non guardando la tv e maledicendo i governi che creano guerre, povertà ecc, perché lì possiamo fare ben poco. Possiamo anche pregare tutto il giorno, è stupendo certo, ma come ha detto anche il Dalai Lama, questo non basta. La sola preghiera non cambia il mondo. È la nostra azione, l’azione di ogni singolo individuo che porta il cambiamento. Ed è per questo che è responsabilità di noi tutti fare qualcosa nel nostro piccolo affinché poi si ripercuota sul mondo. Se lanciamo un sassolino nell’acqua, questa azione crea dei cerchi concentrici che vanno via via a ingrandirsi sempre più. Immaginiamo la nostra azione come se fosse quel sassolino. Naturalmente sta a noi decidere se sarà una buona azione o qualcosa di spiacevole. Il punto è che si propagherà sia in un caso che nell’altro. La responsabilità è dunque la nostra, siamo noi a scegliere se diffondere il bene o il male.
Aggiungo che il cambiamento accade anche in modo non visibile, perché lavorando su noi stessi e cambiando noi stessi, innalziamo la nostra vibrazione e, consapevoli o meno, questa vibrazione positiva lavora anche sull’ambiente che ci circonda e ovviamente sulle persone accanto a noi. Forse non ne siete consapevoli e loro non ne sono consapevoli, ma funziona così. Le nostre vibrazioni lavorano su coloro che ci sono accanto e in questo modo i cambiamenti positivi che facciamo su di noi influenzano gli altri e cominciano a cambiarli. Se starete attenti, riuscirete pian piano a notarlo attorno a voi: forse dei rapporti prima difficili cominceranno ad appianarsi, una persona chiusa comincerà ad aprirsi, le persone accanto a voi si sentiranno ispirate dal vostro esempio e decideranno di seguire la via che porta al loro cuore, ecc. Cose meravigliose potranno accadere e migliorare la vostra vita e quella delle persone che vi sono accanto. E tutto questo, non dimenticatelo, sarà partito proprio da voi: siete stati voi il cambiamento che ora vedete nel mondo.
11/01/2020
Consapevolezza: la chiave del cambiamento
La consapevolezza è un fattore imprescindibile nel cambiamento, perché rappresenta la vera scintilla da cui la trasformazione prende il via.
Avere la consapevolezza infatti significa capire qualcosa nella profondità della nostra Essenza. Non è un capire a livello mentale, è un comprendere a livello profondo.
Capire le cose a livello mentale infatti non basta per produrre un cambiamento. Le consapevolezze a cui arriviamo molte volte altro non sono che cose che già sapevamo, ma che solo ora sentiamo come vere. Altre volte invece sono qualcosa a cui non avevamo mai pensato, qualcosa che ci sorprende. In quei momenti è come se qualcuno toccasse delle corde al nostro interno che improvvisamente cominciano a vibrare, e sono proprio quelle vibrazioni che mettono in moto la trasformazione. Senza queste vibrazioni interiori nulla cambia e noi restiamo in una situazione di stallo. Oppure torniamo a ripetere più e più volte lo stesso errore, la stessa situazione. Ma una volta compreso il messaggio nel profondo, ecco che la magia ha inizio; una bacchetta magica che toccandoci trasforma.
La sensazione che proviamo può essere diversa per ciascuno: una luce che si accende dentro oppure un pugno nello stomaco o ancora una sensazione bellissima come un’esplosione di energia che si espande dentro. E in effetti lo è: è energia bloccata che ora si sprigiona e quando l’energia si muove, i cambiamenti sono inevitabili.
Una volta provata questa sensazione e capito di cosa si tratta, l’obiettivo deve essere diventare sempre più consapevoli. Ma come? Iniziando con l’intenzione: decidere che d’ora in poi si sarà più presenti in questi momenti.
Ma perché è così importante diventare consapevoli? Perché il nostro problema è che quando siamo inconsapevoli, veniamo automaticamente trascinati dalle cose, dalla vita e non sappiamo come uscirne. Non capiamo perché stiamo vivendo quello che ci capita. Viviamo come viene viene, assorbiti dalle cose piacevoli e da quelle spiacevoli del mondo. I nostri pensieri, le nostre emozioni e comportamenti sono controllati da credenze inconsce e programmi mentali. Perché una volta va bene e un’altra va male? Perché mi sento bene in un determinato luogo e in un altro no? Perché con quella persona ho questo feeling e quell’altra mi dà ai nervi? Perché continuo a rivivere la stessa situazione anche se con persone diverse? Perché è la domanda chiave se vogliamo diventare consapevoli.
Essere consapevoli significa dunque anche essere presenti. La consapevolezza risveglia, rischiara un mondo dentro di noi altrimenti addormentato. Naturalmente questo non significa che non ci saranno problemi. Significa però comprendere ciò che ci sta succedendo e in che modo lo stiamo creando e nel caso degli errori ci fa capire come non farli più. Ma è utile anche in caso contrario: capire come mai una cosa ha funzionato, perché così potremo ripeterla, anziché aspettare un nuovo colpo di fortuna come spesso facciamo. Avremo dunque uno strumento in mano per poter cambiare ciò che non va.
Essere consapevoli ci permette quindi di poter creare la propria vita e non subirla più. Ci aiuta a comprendere meglio noi stessi, ci aiuta a cambiare, a risanare vecchie ferite, a comprenderci, a crescere per essere giorno dopo giorno una versione migliore di noi stessi sempre più in accordo con ciò che siamo davvero: la nostra Essenza. Ma la sola consapevolezza naturalmente non basta. Quello è un primo passo essenziale, ma poi sta a noi continuare su questa strada e apportare i cambiamenti necessari alla trasformazione. Non possiamo pensare di starcene seduti lì comodamente a non fare niente e aspettare che le cose si risolvano da sé. Dobbiamo entrare in noi stessi, avere il coraggio di guardare senza filtri ciò che troviamo e accettarci con amore. Dopodiché il lavoro di trasformazione deve avere inizio.
02/01/2020
E ora realizzate i vostri sogni…
Come sempre l’anno nuovo ci permette di dare una bella spazzata a tutto quello che non siamo riusciti a compiere finora e a ricominciare d’accapo. Ogni tanto un nuovo inizio ci vuole. A volte per lasciarsi dietro le cose brutte, altre volte per ritrovare la speranza di un futuro migliore. Abbiamo bisogno di sentire quell’energia che ci fa sentire vivi, che ci riempie e ci stimola perché il nuovo inizio porta con sé tutte le sensazioni belle di chi si sente forte e pronto per cambiare la propria vita. Abbiamo bisogno dell’energia di un sogno.
Avere un sogno nella vita è fondamentale: è quello che ci dà la speranza di migliorare le nostre condizioni di vita, di essere più felici, di vedere la luce in fondo al tunnel. Tutti noi ne abbiamo almeno uno, il problema è che spesso, troppo spesso, con l’andare del tempo ce ne dimentichiamo per conformarci alle regole di una società a cui il nostro bene non interessa. Ciascuno di noi nasce con sogni e talenti, ma con l’andare del tempo se ne dimentica e si lascia plasmare da ciò che si trova attorno a lui, dimenticando chi è davvero e cosa potrebbe fare di buono per gli altri. Così facendo però egli spegne sempre più quella stupenda fiamma che lo contraddistingue dagli altri e che si trova dentro di lui.
Ma non è così per tutti. Alcuni nascono già molto determinati e riescono ad esaudire il loro sogno, facendo consapevolmente o meno i passi necessari. Queste persone ci sono d’esempio, ci dimostrano che cambiare la propria vita si può, anzi si deve, perché solo creandone una a nostra immagine e somiglianza, che rispecchi la nostra Essenza, ci può dare la felicità che cerchiamo. Dovremmo dunque ringraziare queste persone preziose perché ci mostrano come può essere la nostra vita. Ma la maggior parte delle volte non solo non siamo grati di ciò che ci mostrano, ma siamo invidiosi e abbiamo sentimenti ostili verso di esse. Invece di ispirarci, noi le vediamo come persone privilegiate, che hanno avuto fortuna, una fortuna che noi non abbiamo avuto. Così ce la prendiamo con tutti, con il fato, con l’universo, per non averci dato ciò che ha dato a loro. L’invidia nasce anche dal fatto che siamo convinti che non ci sia abbastanza spazio per tutti, che chi ottiene molto dalla vita in realtà lo toglie a noi, come se l’abbondanza non fosse accessibile a tutti. Ma nessuno può togliervi ciò che è destinato a voi, nessuno può perché nessuno è come voi. Né voi siete come gli altri. La vostra unicità crea un percorso e un destino specifico solo per voi e questo nessuno ve lo può togliere.
Quindi non prendiamocela con chi ce l’ha fatta. Quelle persone sono come fari nella notte che ci mostrano la nostra grandezza, la grandezza della nostra Anima e delle nostre potenzialità che troppo spesso sono inespresse. Se le tirassimo fuori però e ci dedicassimo ad esse, i miracoli potrebbero accadere.
Quando prendiamo d’esempio una di queste persone, che siano cantanti, attori o imprenditori, noi vediamo e ci focalizziamo solo sulla parte finale del loro processo, ovvero vediamo la persona ricca e di successo che è adesso. Così facendo ci convinciamo attraverso la nostra mente e le opinioni limitanti delle persone accanto a noi, che le persone ricche sono sempre altre, non noi, quelli fortunati negli affari sono altri, quelli di successo sono altri, non noi… Per loro è normale essere di successo, ma questo riguarda loro, hanno avuto fortuna, avranno sicuramente ricevuto aiuti da persone già ricche…ma a noi non può succedere nulla di tutto questo. Noi siamo persone normali che devono accontentarsi di fare un lavoro normale, spesso sottopagato e che nemmeno ci piace, con colleghi che non sopportiamo ecc. Ma è davvero così? Non fermatevi a ciò che è adesso, andate a vedere gli esordi di quelle persone e vedrete che anche se ora sono le persone più ricche al mondo, una volta, agli inizi, loro erano esattamente come voi. La differenza è che esattamente come voi avevano un sogno, ma hanno fatto di tutto per realizzarlo… hanno ascoltato loro stessi, quella vocina dentro così saggia da sapere cosa è meglio per loro. Sapevano chi sono e cosa vogliono dare al mondo e giorno dopo giorno con grandi sacrifici lo hanno realizzato. Loro erano disposti ad ascoltare se stessi, le loro inclinazioni, i loro sogni, la loro intuizione, il loro cuore. Si sono messi lì giorno dopo giorno per modellare quel futuro che già vedevano dentro di essi. Quindi lasciatevi ispirare da queste persone perché vi mostrano chi potete essere.
Focus, determinazione, dedizione, volontà, azione. La maggior parte delle persone però non lo fa. Ha un sogno che spera un giorno di realizzare, ma se non fai niente per realizzalo, niente realizzerai. E nel frattempo la vita passa e il sogno resta lì nel cassetto del cuore e ogni tanto torna a galla sperando di venir realizzato. E così resta quella speranza che un giorno qualcosa cambi ma la speranza da sola non basta. Bisogna agire! Il mondo non ha bisogno di persone tristi, il mondo ha bisogno di persone che si risveglino e che vivano il loro sogno. Allora fatelo anche voi e cominciate oggi. Prendete la decisone di trasformare la vostra vita nel sogno che vedete nel vostro cuore. Fate oggi qualcosa per arrivare più vicino ad esso. Fate un passo verso il vostro sogno, perché così farete un passo verso voi stessi, verso la vostra Essenza che non aspetta altro che voi la riscopriate.
Amatevi così tanto da darvi ciò che desiderate davvero. Sognate e realizzate i vostri sogni…sempre…c’è posto per tutti.